Ricorso della Regione Lombardia (C.F. 80050050154), con  sede  in
Milano (20124), piazza Citta' di Lombardia,  n.  1,  in  persona  del
Presidente pro tempore, Roberto Maroni, rappresentata  e  difesa,  in
forza di procura a margine del  presente  atto  ed  in  virtu'  della
Deliberazione di Giunta regionale n. X/2653,  seduta  del  14/11/2014
(doc. 1), dal Prof. Avv. Giovanni  Guzzetta  (c.f.  GZZGNN66E16F158V;
pec:   giovanniguzzetta@ordineavvocatiroma.org;   fax.   06/6789560),
presso il cui studio in  Roma,  via  Federico  Cesi,  72,  ha  eletto
domicilio e dall'Avv. Viviana  Fidani  (c.f.  FDNVVN56L44D122W;  pec:
vivianafidani@milano.pecavvocati.it), ricorrente; 
    Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del
Consiglio dei Ministri pro tempore, con sede in Roma (00187), Palazzo
Chigi - Piazza Colonna, 370, rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  con  domicilio  in  Roma  (00186),  via  dei
Portoghesi, 12, resistente. 
    Per  la  dichiarazione  di  illegittimita'   costituzionale   del
decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito,  con  modifiche,
dalla legge 11 novembre 2014, n. 164,  recante  "Misure  urgenti  per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive (Sblocca  Italia)",  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana dell'11 novembre  2014,  n.  262,
limitatamente all'art. 38, di tale atto normativo. 
 
                                Fatto 
 
    1. Con legge di conversione 11.11.2014, n. 164 del  decreto-legge
12.9.2014,  n.  133,  il  Governo  ha  varato  "Misure  urgenti   per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita'  produttive",  ritenuta,  per  quanto  qui  interessa,  "la
straordinaria necessita' e urgenza di emanare disposizioni in materia
ambientale  per  la  mitigazione  del   rischio   idrogeologico,   la
salvaguardia degli  ecosistemi,  l'adeguamento  delle  infrastrutture
idriche  (...),  nonche'   di   introdurre   misure   per   garantire
l'approvvigionamento energetico e favorire  la  valorizzazione  delle
risorse energetiche nazionali". 
    2. In particolare, l'articolo 38, dell'atto normativo  in  esame,
ha introdotto "Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche
nazionali". 
    3. Il comma 1 e il comma 1-bis della norma in commento,  affidano
ad un decreto del  Ministro  dello  sviluppo  economico,  sentito  il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,  la
predisposizione di un piano delle aree in  cui  siano  consentite  le
attivita' di prospezione, ricerca e  coltivazione  di  idrocarburi  e
quelle  di  stoccaggio  sotterraneo  di   gas   naturale,   attivita'
dichiarate di interesse strategico e che, come sancito dal  comma  1,
sono di utilita' pubblica, urgenti e indifferibili. 
    I titoli abilitativi che  autorizzano  le  attivita'  sopracitate
comprendono,  pertanto,  la  dichiarazione  di   pubblica   utilita',
indifferibilita' ed urgenza dell'opera e  l'apposizione  del  vincolo
preordinato all'esproprio dei beni in essa compresi. 
    4. Il  secondo  comma  dell'art.  38  stabilisce,  altresi',  che
qualora  le  opere  di  prospezione,  ricerca   e   coltivazione   di
idrocarburi e  quelle  di  stoccaggio  sotterraneo  di  gas  naturale
comportino    la    variazione    degli    strumenti     urbanistici,
l'autorizzazione di queste ha effetto di variante urbanistica. 
    5. Il terzo comma della norma in esame, prevede che  all'art.  38
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sia aggiunto al  punto
7) dell'allegato II alla parte seconda le parole "sulla terraferma e"
dopo  le  parole  "coltivazione  di  idrocarburi";  alla  lettera  v)
dell'allegato III alla parte seconda sono soppresse le parole  "degli
idrocarburi liquidi e gassosi e"; e' altresi' abrogata la lettera  g)
del punto 2 dell'allegato IV  alla  parte  seconda  e,  infine,  sono
soppresse le parole "di petrolio, di gas naturale" nello stesso punto
2 del medesimo allegato. 
    6.  Inoltre,  il  quarto  comma  dell'art.  38  della  legge   di
conversione n. 164 del 2014, individua il termine dei procedimenti di
valutazione di impatto ambientale relativi alla prospezione,  ricerca
e coltivazione di idrocarburi in corso presso le Regioni alla data in
vigore del decreto in esame, prevedendo che i  suddetti  procedimenti
debbano essere conclusi dalla Regione presso cui sono stati  avviati,
entro il 31 marzo 2015. Il comma richiamato,  inoltre,  sancisce  che
decorso il termine del  31  marzo  2015,  la  Regione  sia  tenuta  a
trasmettere la relativa documentazione al Ministero  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare per i  seguiti  istruttori  di
competenza, dandone notizia al Ministero dello sviluppo economico. 
    A cio' si aggiunga, che il comma 4, dell'art. 38,  prevede  anche
che i conseguenti oneri di spesa istruttori rimangano a carico  delle
societa' richiedenti la VIA  e  che  siano  versati  all'entrata  del
bilancio  dello  Stato  per  essere  riassegnati  successivamente  al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. 
    7. Il quinto comma dell'articolo 38, subordina  le  attivita'  di
ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi  al  rilascio
di un titolo concessorio unico, sulla base di un  programma  generale
di lavori articolato in due fasi: una prima  fase  di  ricerca  della
durata di sei anni, prorogabile fino a un massimo  di  ulteriori  sei
anni nel caso in cui sia necessario concludere le opere  di  ricerca,
una seconda fase,  solo  eventuale,  della  durata  di  trenta  anni,
prorogabile per una o piu' volte per un periodo di  dieci  anni,  che
consiste nella coltivazione legata al rinvenimento di  un  giacimento
tecnicamente  ed   economicamente   coltivabile,   riconosciuto   dal
Ministero  dello  sviluppo  economico.  La  proroga  e'  condizionata
dall'adempimento degli obblighi derivanti dal decreto di  concessione
e solo qualora il giacimento risulti ancora coltivabile. 
    8. Il comma 6 dell'articolo 38, disciplina la modalita'  con  cui
e' accordato il titolo concessorio unico a cui  sono  subordinate  le
attivita' di cui al comma 5. Il titolo concessorio e'  accordato  con
decreto del Ministro dello sviluppo economico, previa intesa  con  la
Regione o la provincia autonomia di Trento o di Bolzano  interessata,
sentite la Commissione per gli idrocarburi e le risorse  minerarie  e
le Sezioni territoriali dell'Ufficio nazionale minerario  idrocarburi
e georisorse, a soggetti con sede sociale in Italia  o  Stati  membri
dell'Unione europea e, a condizioni di reciprocita',  a  soggetti  di
altri  Paesi  che  dispongono  di  capacita'  tecnica,  economica  ed
organizzativa e che offrono garanzie adeguate alla realizzazione  dei
programmi. 
    Il procedimento unico di concessione, nel cui  ambito  e'  svolta
anche la valutazione ambientale preliminare del programma dei lavori,
formata entro sessanta giorni con parere della Commissione tecnica di
verifica dell'impatto ambientale VIA/VAS del Ministero  dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare, viene svolto nel termine di
centottanta giorni da un'apposita Conferenza  di  servizi.  L'accordo
del  titolo  concessorio   unico   e'   altresi'   subordinato   alla
presentazione  di  idonee  fideiussioni   bancarie   o   assicurative
commisurate al valore delle opere di recupero ambientale previste. 
    9. Il  comma  6-bis,  inoltre,  disciplina  la  sottoposizione  a
valutazione  di  impatto  ambientale  dei  progetti  di  opere  e  di
interventi relativi alle attivita' di ricerca e  di  coltivazione  di
idrocarburi liquidi e gassosi. La modalita' di svolgimento della  VIA
avviene conformemente alla parte seconda del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni. 
    Altresi',  il  comma  6-ter  condiziona  il  rilascio  di   nuove
autorizzazioni per la ricerca e la coltivazione di  idrocarburi  alla
verifica  di   garanzie   economiche   della   societa'   richiedente
affinche' possa coprire i costi di un eventuale incidente durante  le
attivita'. I  costi  dell'ipotizzato  incidente  sono  commisurati  a
quelli derivanti dalla piu' grave situazione  possibile  nei  diversi
scenari immaginati in fase di studio e analisi dei rischi. 
    10.  Al  comma  7,  e'  sancito  che  entro  centottanta   giorni
dall'entrata  in  vigore  del  decreto  in  esame,  con  decreto  del
Ministero dello sviluppo economico venga emanato un disciplinare tipo
con cui sono  stabilite  le  modalita'  di  conferimento  del  titolo
concessorio unico di cui al comma 5. 
    11. Il comma 10 dell'art. 38 modifica l'art. 8 del  decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni  dalla  legge  6
agosto 2008, n. 133, aggiungendo dopo il comma 1,  che  il  Ministero
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero  dell'ambiente
e della  tutela  del  territorio  e  del  mare,  sentite  le  Regioni
interessate, puo' autorizzare un periodo non superiore a cinque  anni
finalizzato a progetti sperimentali di  coltivazione  di  giacimenti,
subordinatamente all'espletamento della procedura di  valutazione  di
impatto ambientale che garantisca l'assenza di  conseguenze  negative
tra cui la subsidenza  dell'attivita'  della  costa,  sull'equilibrio
dell'ecosistema e sugli insediamenti antropici. 
    I progetti  sperimentali  di  coltivazione  di  giacimenti,  sono
soggetti a  un'analisi  tecnico-scientifica  che  dimostri  l'assenza
degli effetti negativi sopracitati, analisi che viene condotta  sotto
il controllo dei soli Ministeri dello sviluppo economico e di  quello
dell'ambiente e tutela del territorio. 
    Tuttavia, qualora si verifichino  fenomeni  di  subsidenza  sulla
costa  determinati  dall'attivita',  il  programma   di   lavori   e'
interrotto. Al contrario, se al  termine  del  periodo  di  validita'
dell'autorizzazione  venga  accertato  che  all'attivita'  non   sono
conseguiti effetti di subsidenza dell'attivita' della costa,  nonche'
sull'equilibrio dell'ecosistema e sugli  insediamenti  antropici,  il
periodo di sperimentazione  puo'  essere  prorogato,  con  le  stesse
procedure di controllo, per cinque anni. 
    12.  Il  comma  11-bis  aggiunge  il  comma  5-bis   al   decreto
legislativo 30 maggio 2008, n. 117, e successive  modificazioni,  che
disciplina la necessita' che  l'operatore  tenga  un  registro  delle
quantita' esatte di  rifiuti  di  estrazione  solidi  e  liquidi,  in
mancanza del  quale  sara'  revocata  l'autorizzazione  all'attivita'
estrattiva. 
    13. I commi 11-ter e seguenti disciplinano, infine, la  questione
relativa allo shale gas  e  allo  shale  oil,  prevedendo  che  nelle
attivita' di ricerca o coltivazione di idrocarburi  rilasciate  dallo
Stato, sia vietata la ricerca e l'estrazione di queste  componenti  e
il rilascio dei  relativi  titoli  minerari.  E',  altresi',  vietata
qualunque tecnica di iniezione in pressione finalizzata a produrre  o
favorire il ricavo di shale gas e shale oil. 
    14. Le norme introdotte dall'articolo 38, del  d.l.  n.  133  del
2014, convertito con modifiche dalla legge  n.  164  del  2014,  sono
avvinte da numerosi profili di illegittimita', e meritano  di  essere
dichiarate incostituzionali da codesta ecc.ma  Corte  alla  luce  dei
seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
I. Incostituzionalita' del decreto-legge 12 settembre 2014,  n.  133,
convertito, con modifiche, dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164,
e  dell'articolo  38  di  tale   atto   normativo,   per   violazione
dell'articolo 77, comma 2, della Costituzione, in combinato  disposto
con l'articolo 117, secondo e terzo comma. 
    1. L'articolo 38 della legge di conversione n. 164 del  2014  del
d.l. n. 133 del 2014, deve  essere  dichiarato  incostituzionale  per
insussistenza dei presupposti di cui all'articolo 77, secondo  comma,
della   Costituzione,   che   ammette   la   decretazione   d'urgenza
all'esclusivo fine di fronteggiare casi straordinari di necessita' ed
urgenza. 
    Infatti, come ha chiarito codesta ecc.ma Corte con  la  pronuncia
n. 220 del 2013, l'adozione di  un  decreto-legge  trova  la  propria
legittimazione   esclusivamente    nella    sussistenza    di    casi
straordinari che necessitino di essere  disciplinati  immediatamente,
in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessita'. 
    Peraltro, per lo stesso motivo, il legislatore ordinario, con una
norma di portata generale, ha previsto  che  il  decreto-legge  debba
contenere "misure di immediata applicazione" (art. 15, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400). La Consulta ha  riconosciuto  come  la
norma  in  esame,  pur  non  avendo,   sul   piano   formale,   rango
costituzionale,  esprima  ed  espliciti  cio'  che   deve   ritenersi
intrinseco alla natura stessa del decreto-legge,  che  entrerebbe  in
contraddizione con le sue stesse premesse, se contenesse disposizioni
destinate ad avere effetti pratici differiti  nel  tempo,  in  quanto
recanti, come nel caso di specie, discipline mirate alla  costruzione
di un nuovo  sistema  di  valorizzazione  delle  risorse  energetiche
nazionali (cfr. sentenza n. 22 del 2012). Per quanto riguarda il caso
qui in esame, deve osservarsi che, sebbene il preambolo del  d.l.  n.
133/2014,  convertito  con   legge   n.   164/2014,   riconosca   "la
straordinaria necessita' e urgenza di emanare disposizioni in materia
ambientale   per    (...)    introdurre    misure    per    garantire
l'approvvigionamento energetico e favorire  la  valorizzazione  delle
risorse  energetiche  nazionali",  in  realta',  il  problema   della
gestione e valorizzazione  delle  risorse  energetiche  nazionali  e'
tutt'altro che eccezionale e accidentale. 
    Infatti, la necessita'  di  interventi  strutturali  sul  sistema
della gestione delle risorse energetiche sul territorio italiano  non
e' affatto una  circostanza  accidentale  e  sopravvenuta,  ne'  puo'
essere ricollegata ad un "caso straordinario", passibile,  in  quanto
tale, di  essere  disciplinato  in  via  d'urgenza.  Di  conseguenza,
affidare la risoluzione di una problematica  radicata  e  strutturale
alla decretazione d'urgenza, si mostra elusivo dei  principi  di  cui
all'art. 77, secondo comma, della Costituzione. 
    2.  La  "risposta"  operata  con  il  decreto-legge  in  oggetto,
peraltro,  non  si  presenta  nemmeno   in   termini   di   soluzione
"emergenziale" in attesa di una ipotetica revisione complessiva della
disciplina, ma si propone - in modo incompatibile con  i  presupposti
costituzionali richiesti e con la conseguente  natura  circostanziata
delle soluzioni normative  divisate  -  di  "valorizzare  le  risorse
energetiche   nazionali    e    garantire    la    sicurezza    degli
approvvigionamenti del Paese, le attivita' di prospezione, ricerca  e
coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas
naturale" qualificando, altresi', le  attivita'  come  attivita'  che
"rivestono carattere di  interesse  strategico  e  sono  di  pubblica
utilita', urgenti e indifferibili". 
    A  cio'  si  aggiunga  che  con  il  decreto-legge  n.  133/2014,
convertito con modifiche dalla legge n. 164/2014, viene disciplinato,
oltre  alla  modalita'  di'  concessione  dei  titoli  abilitativi  a
svolgere le sopracitate attivita',  anche  il  periodo  in  cui  puo'
essere espletato il programma generale  di  lavori  prevedendo  tempi
della durata minima di sei anni, tutt'altro che  idonei  a  dare  una
risposta a casi straordinari di necessita' e urgenza. 
    In questa prospettiva non si puo' non cogliere una  finalita'  di
riassetto ordinamentale, del tutto estranea alla natura  del  vettore
normativo utilizzato, con conseguente illegittima compressione  delle
competenze legislative e amministrative che spettano alle Regioni  in
relazione a tali interventi di carattere "ordinamentale". 
    Con riserva di ulteriore approfondimento in seguito, non si  puo'
negare, infatti, che l'intervento intersechi,  anche  sulla  base  di
quanto  chiarito  da  codesta  eccellentissima  Corte,   profili   di
competenza materiale quali la tutela della  salute,  il  governo  del
territorio (e in particolare per quanto riguarda  la  predisposizione
di un piano delle  aree  in  cui  sono  consentite  le  attivita'  di
prospezione, ricerca  e  coltivazione  di  idrocarburi  e  quelle  di
stoccaggio sotterraneo di gas naturale) e la produzione  dell'energia
(attesa la finalita' del decreto, rivolto "a conseguire la  sicurezza
nazionale nell'autosufficienza" - energetica - ed a  disciplinare  le
"misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali"). 
    Quella  che  vorrebbe  introdursi  attraverso   la   decretazione
d'urgenza, insomma, costituisce una vera e propria riforma organica e
di sistema, volta a predisporre un  piano  delle  aree  in  cui  sono
consentite le attivita' di prospezione,  ricerca  e  coltivazione  di
idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di  gas  naturale;  le
modalita' di attribuzione dei relativi titoli  abilitativi;  i  tempi
per  lo  svolgimento  delle  predette  attivita'  e,   altresi',   le
condizioni per eventuali proroghe; e che, come tale, non puo' trovare
la propria legittimazione in un decreto-legge. 
    Sotto ulteriore, ma concorrente profilo, le misure introdotte dal
contestato articolo 38, del resto, non possono  nemmeno  considerarsi
di immediata applicazione, anche  in  considerazione  dei  profili  e
delle competenze tecnico-amministrative ad esse  connesse,  le  quali
presuppongono  tempi  ed   accertamenti   istruttori   amministrativi
complessi. 
    Si chiede, dunque,  che  venga  dichiarata  l'incostituzionalita'
dell'art. 38, del d.l. n. 133/2014, convertito  con  modifiche  dalla
legge n. 164/2014, sotto il profilo in esame. 
    3.  In  secondo  luogo,  il  d.l.  n.  133/2014,  convertito  con
modifiche dalla legge n.  164/2014,  come  pure,  specificamente,  il
relativo articolo 38, meritano di essere dichiarati  incostituzionali
per difetto di omogeneita' e di coerenza delle misure introdotte  dal
Governo. 
    Quanto   all'intero   atto   normativo,   l'eterogeneita'   degli
interventi   adottati   e'   ravvisabile   sin   dall'epigrafe    del
provvedimento  ("Misure  urgenti  per  l'apertura  dei  cantieri,  la
realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione  del  Paese,
la   semplificazione   burocratica,    l'emergenza    del    dissesto
idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive"). Essa  e'
resa ancora piu' evidente dal  relativo,  ampio,  preambolo,  ove  si
attesta la straordinaria necessita'  ed  urgenza  di  provvedere  con
misure volte tanto ad "accelerare e semplificare la realizzazione  di
opere infrastrutturali strategiche, indifferibili e urgenti,  nonche'
per  favorire  il  potenziamento  delle  reti   autostradali   e   di
telecomunicazioni e migliorare la funzionalita' aeroportuale", quanto
a disciplinare la "materia ambientale per la mitigazione del  rischio
idrogeologico, la salvaguardia degli ecosistemi, l'adeguamento  delle
infrastrutture idriche e il superamento di eccezionali situazioni  di
crisi connesse alla  gestione  dei  rifiuti,  nonche'  di  introdurre
misure per garantire l'approvvigionamento energetico  e  favorire  la
valorizzazione delle risorse energetiche nazionali", quanto,  infine,
a realizzare la "semplificazione burocratica, il rilancio dei settori
dell'edilizia e immobiliare, il sostegno  alle  produzioni  nazionali
attraverso misure  di  attrazione  degli  investimenti  esteri  e  di
promozione del Made in Italy, nonche' per  il  rifinanziamento  e  la
concessione degli ammortizzatori sociali  in  deroga  alla  normativa
vigente al fine di assicurare  un'adeguata  tutela  del  reddito  dei
lavoratori e sostenere la coesione sociale". 
    Ad  analoghe  conclusioni  si  perviene,  ovviamente,   in   base
all'analisi   delle   disposizioni   introdotte   dal   decreto-legge
impugnato. 
    Come  noto,  codesta  ecc.ma  Corte  collega  il   riconoscimento
dell'esistenza dei presupposti fattuali, di cui all'art. 77,  secondo
comma, Cost., ad una intrinseca coerenza delle norme contenute in  un
decreto-legge, o dal punto di vista  oggettivo  e  materiale,  o  dal
punto di vista funzionale e finalistico (cfr. sentt. n. 171 del 2007,
n. 121 del 2008). 
    Recentemente codesta  Corte  ha  ulteriormente  evidenziato,  sul
punto, che l'art. 15, comma 3, della legge 23  agosto  1988,  n.  400
(Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della  Presidenza
del Consiglio dei ministri) - la' dove prescrive che il contenuto del
decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo  e  corrispondente  al
titolo» - pur non avendo, in se' e  per  se',  rango  costituzionale,
costituisce esplicitazione della ratio implicita  nel  secondo  comma
dell'art. 77 Cost.,  il  quale  impone  il  collegamento  dell'intero
decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza,  che  ha
indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare
la  funzione  legislativa  senza  previa  delegazione  da  parte  del
Parlamento (Corte cost., sent. n. 22 del 2012). 
    Va infine ribadito che, come ripetutamente dichiarato da  codesta
ecc.ma Corte, il vizio che affligge il decreto-legge con  riferimento
ai suoi presupposti abilitativi non puo' considerarsi sanato  per  il
fatto dell'intervenuta conversione (cfr. ex plurimis sentt.  29/1995,
341/2003, 178/2004 e 171/2007). 
    4. Deve evidenziarsi, da ultimo, quanto all'ammissibilita'  della
presente eccezione, che  i  vizi  sopra  denunciati  ridondano,  come
anticipato, nella menomazione delle attribuzioni costituzionali della
Regione Lombardia e  nel  vulnus  della  sua  autonomia  finanziaria,
costituzionalmente tutelati dagli articoli 117, terzo  comma,  e  119
della Costituzione. 
    Infatti, l'art.  38  del  decreto  in  questione,  determina  uno
schiacciamento delle competenze della Regione sia  sotto  il  profilo
della gestione del territorio che della  pianificazione  territoriale
ed  urbanistica,  prevedendo  che  sia  il  Ministro  dello  sviluppo
economico, con proprio decreto, sentito il Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare a predisporre un  piano  delle
aree in cui sono consentite le attivita' di  prospezione,  ricerca  e
coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas
naturale, senza prevedere alcuna  forma  di  intesa  con  la  Regione
interessata. 
    5. Ne' potrebbe in senso contrario sostenersi che, a fronte della
finalita'  anche  di  tutela  ambientale  dell'intervento,  la  quale
costituisce, secondo l'interpretazione  di  codesta  Corte,  un  c.d.
"materia trasversale", le attribuzioni  regionali  dovrebbero  subire
una indiscriminata  compressione,  sino  alla  totale  pretermissione
rispetto all'interesse ambientale. 
    Tale premessa infatti non potrebbe essere condivisa per  distinte
e concorrenti ragioni. 
    Innanzitutto, perche' la  finalita'  ambientale  non  e'  l'unica
perseguita  dall'intervento  normativo  statale.   Il   primo   comma
dell'art. 38,  infatti,  non  menziona  nemmeno,  esplicitamente,  la
finalita' ambientale, ma si sofferma sulla finalita' di  "valorizzare
le risorse energetiche  nazionali  e  garantire  la  sicurezza  degli
approvvigionamenti del Paese". 
    In  secondo  luogo,  l'obiettivo  di  "valorizzare   le   risorse
energetiche   nazionali    e    garantire    la    sicurezza    degli
approvvigionamenti del Paese", mostra da  parte  del  legislatore  la
volonta' di perseguire  le  finalita'  ambientali  privilegiando  una
delle modalita' possibili e consentite, la quale  pero'  si  realizza
attraverso  la  valorizzazione  delle  risorse  di  energia,  ed   e'
pertanto, dal punto di vista delle  "materie"  interessate,  ad  essa
intrinsecamente intrecciata. 
    Infine,  com'e'  noto,  codesta   Corte,   nel   riconoscere   la
particolare rilevanza costituzionale della tutela dell'ambiente nelle
politiche legislative, e la sua idoneita' a giustificare  alterazioni
del  riparto  costituzionale,  ha  costantemente  e   contestualmente
riconosciuto che tali alterazioni non debbano essere  necessariamente
assolute  (cfr.  C.  cost.,  58/2013;   93/2013),   ma   che   vadano
accompagnate   da   adeguate   giustificazioni    in    termini    di
ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalita', nonche' da  garanzie,
innanzitutto procedimentali, di tipo collaborativo.  Sotto  il  primo
profilo,  ad  esempio,  la  Corte,  pur  quando  ha  riconosciuto  la
prevalenza della specifica disciplina statale in presenza di esigenze
ambientali incomprimibili, ha comunque ammesso  la  residua  potesta'
delle Regioni di assicurare, ad esempio, livelli di  tutela  maggiori
di quelli previsti dallo Stato (cfr. ad es. sent. 58/2013). 
    Da  quanto  detto  discende   l'ammissibilita'   della   presente
questione di legittimita' costituzionale. Codesta Corte, infatti, con
giurisprudenza costante, ritiene che le Regioni possano impugnare  un
decreto-legge per motivi attinenti alla pretesa violazione  dell'art.
77  Cost.,  "ove  adducano  che  da  tale   violazione   derivi   una
compressione delle loro competenze costituzionali" (sentenza n. 6 del
2004; cfr. anche sentt. nn. 128 del 2011, 326 del 2010, 116 del 2006,
280 del 2004). Alla  luce  delle  considerazioni  che  precedono,  si
insiste  per  la  declaratoria   di   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 38, del d.l. 12 settembre  2014,  n.  133,  convertito  con
modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164,  per  violazione
dell'art.  77,  secondo  comma,  della  Costituzione,  in   combinato
disposto con gli articoli 117, commi secondo e terzo comma. 
II. Incostituzionalita' dell'art. 38, in particolare commi 1 e 1-bis,
del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modifiche
dalla legge dell'11 novembre  2014,  n.  164,  per  violazione  degli
articoli 11 e 117, comma 1, della  Costituzione,  in  relazione  alla
direttiva 2001/42/CE (c.d. Direttiva VAS), in combinato disposto  con
l'art. 117, secondo e terzo comma, Cost. 
    1. Come si e' anticipato in fatto, l'articolo 38, del d.l. n. 133
del 2014, convertito con modifiche  dalla  legge  n.  164  del  2014,
contempla  un  vero  e  proprio  piano  integrato  nazionale  per  la
valorizzazione delle risorse energetiche nazionali mediante attivita'
di prospezione, ricerca e coltivazione di  idrocarburi  e  quelle  di
stoccaggio sotterraneo di gas naturale. La norma stabilisce, infatti,
che le attivita' inserite nel D.P.C.M. di cui al  comma  1-bis,  sono
qualificate come  attivita'  che  rivestono  carattere  di  interesse
strategico e sono di  pubblica  utilita',  urgenti  e  indifferibili.
L'espletamento  delle  predette   attivita'   e'   subordinata   alla
predisposizione di un piano delle aree  in  cui  sono  consentite  le
attivita' sopra richiamate, da  parte  del  Ministro  dello  sviluppo
economico, con proprio decreto, sentito il Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio. 
    Insomma, quello individuato dalla norma impugnata costituisce  un
vero  e  proprio  atto  di  pianificazione  in  materia  di   risorse
energetiche, che pertanto, ha un significativo impatto sull'ambiente. 
    In quanto tale, allora, alla luce della  Direttiva  2001/  42/CE,
trasposta nell'ordinamento italiano dal d.lgs. n. 152/2006,  al  fine
di  garantire  un  elevato  livello  di  protezione  dell'ambiente  e
contribuire all'integrazione di  considerazioni  ambientali  all'atto
dell'elaborazione,  dell'adozione   e   approvazione   dell'atto   di
pianificazione in materia di risorse energetiche, e,  per  assicurare
che i programmi siano  coerenti  alle  condizioni  per  uno  sviluppo
sostenibile, detto piano  avrebbe  dovuto  essere  assoggettato  alla
valutazione ambientale strategica, la quale deve precedere,  ex  art.
3, par. 2, lett. a), della citata  Direttiva,  "tutti  i  piani  e  i
programmi che sono elaborati (...) per i  settori  (...)  energetico"
(negli  stessi  termini  dispone  l'art.  6,  comma  2,   lett.   a),
dell'attuativo d.lgs. n. 152/2006). 
    Infatti, la valutazione ambientale strategica si applica ai piani
e programmi che possono avere impatti significativi  sull'ambiente  e
sul patrimonio culturale, e tra questi vi rientra, esplicitamente, il
settore energetico. 
    Ancora,  l'articolo  4  della  Direttiva,   rubricato   "Obblighi
generali",  stabilisce  che  "la  valutazione   ambientale   di   cui
all'articolo 3 deve essere effettuata durante  la  fase  preparatoria
del piano o del  programma  ed  anteriormente  alla  sua  adozione  o
all'avvio della  relativa  procedura  legislativa".  La  peculiarita'
della VAS consiste, infatti, nella sua  esecuzione  durante  la  fase
preparatoria del programma ed anteriormente alla sua approvazione  in
sede  legislativa  o  amministrativa,  al  fine  di   consentire   la
contemporanea valutazione delle conseguenze delle azioni proposte sul
piano ambientale, fin dall'origine del procedimento decisionale. 
    Ai sensi degli articoli da 5 a  12  della  menzionata  direttiva,
poi, la procedura di VAS  deve  comprendere  lo  svolgimento  di  una
verifica  di  assoggettabilita'   (screening),   l'elaborazione   del
rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la  valutazione
del  piano  o  del  programma,  del  rapporto  e  degli  esiti  delle
consultazioni, l'espressione di un  parere  motivato,  l'informazione
sulla decisione e il monitoraggio. 
    Alla luce di quanto precede, l'art. 38, e in particolare il comma
1-bis, in combinato disposto con il comma 1,  del  d.l.  n.  133  del
2014, convertito con modifiche dalla legge  n.  164/2014,  si  mostra
incostituzionale,  per  violazione  dell'art.  117,  comma  1,  della
Costituzione, in  relazione  ai  suddetti  obblighi  stabiliti  dalla
Direttiva VAS, in quanto adotta un vero e proprio programma nazionale
in materia  di  risorse  energetiche,  senza  aver  dato  luogo  alla
necessaria procedura di VAS, con cio' violando gli  scopi  perseguiti
dal legislatore europeo. 
    2. Ne' si dica che  le  suddette  norme  europee  in  materia  di
valutazione ambientale strategica non riguarderebbero  in  parte  qua
l'attivita' legislativa degli Stati membri. 
    In senso contrario depongono, in primo luogo, gli articoli 2 e  4
della Direttiva. Il primo stabilisce  che  per  "piani  e  programmi"
devono intendersi anche quelli "che  sono  previsti  da  disposizioni
legislative" (art. 2, lett. a); il secondo, come  accennato,  prevede
che la procedura di VAS debba essere avviata "anteriormente all'avvio
della procedura legislativa" di adozione del piano o programma.  Alle
considerazioni di ordine testuale si aggiunga anche che, ad  accedere
a siffatta interpretazione, gli obblighi imposti  a  livello  europeo
sarebbero facilmente eludibili dallo Stato,  che  potrebbe  occultare
sotto il nomen juris dell'atto normativo un provvedimento che reca in
se' i connotati essenziali di un atto di programmazione generale,  il
quale  deve  essere  obbligatoriamente  sottoposto  alla   prescritta
valutazione ambientale strategica. E' appena il caso di dire che  una
diversa interpretazione della  Direttiva  in  contrasto  con  il  suo
significato letterale, richiederebbe a  codesta  Corte  di  investire
mediante rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE la Corte di  Giustizia
dell'Unione europea, onde verificare se l'interpretazione del diritto
europeo offerta dal giudice sovranazionale consenta di considerare la
normativa qui impugnata con essa compatibile. 
    In secondo luogo, anche  a  voler  ritenere  che  il  legislatore
statale sia sottratto,  nell'esercizio  della  funzione  legislativa,
all'osservanza delle procedure in materia di VAS, nell'ipotesi in cui
queste ultime possano  essere  esperite  al  momento  dell'attuazione
della  legge,  la  norma  impugnata  sarebbe  comunque   illegittima.
L'articolo  38,  del  d.l.  n.  133/2014,  convertito  con  legge  n.
164/2014, infatti, non contempla l'esperimento di siffatte procedure,
nemmeno nel momento attuativo, e specificamente  per  l'adozione  del
decreto del  Ministro  dello  sviluppo  economico,  che,  sentito  il
Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del  mare,
predispone un piano delle aree per il raggiungimento degli  obiettivi
perseguiti dalla norma. E' evidente, infatti,  che  la  scelta  delle
aree  dove  consentire  le  attivita'  di  prospezione,   ricerca   e
coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas
naturale  costituisce   un'operazione   di   rilevantissimo   impatto
ambientale. 
    Il Governo, dunque, avrebbe dovuto necessariamente prevedere  che
l'individuazione del piano delle aree in cui consentire le  attivita'
di prospezione, ricerca e coltivazione di  idrocarburi  e  quelle  di
stoccaggio sotterraneo di gas naturale venisse  assoggettata  a  VAS,
anche alla luce della necessita' di definire criteri univoci  per  la
distribuzione territoriale delle aree a cio' predisposte,  e  per  la
valutazione degli impatti discendenti dalle scelte  localizzative  da
assumere.  La  disciplina  censurata,  insomma,  elude  le  finalita'
perseguite dalla citata  Direttiva,  quali  quella  di  garantire  un
elevato  livello  di  protezione  dell'ambiente  e   di   contribuire
all'integrazione    delle    considerazioni    ambientali    all'atto
dell'elaborazione, dell'adozione  e  dell'approvazione  dei  piani  e
programmi, assicurando che i medesimi siano coerenti e contribuiscano
alle condizioni per uno sviluppo sostenibile. 
    3. Anche in questo caso, da ultimo, e' bene  evidenziare  che  le
dedotte violazioni arrecano di riflesso  un  vulnus  alle  competenze
attribuite alla Regione Lombardia. In particolare, come  si  e'  gia'
ampiamente  argomentato  nel   precedente   motivo,   la   disciplina
introdotta dal Governo incide sulle competenze regionali  in  materia
di  governo  del  territorio,  di  pianificazione   territoriale   ed
urbanistica, di produzione dell'energia, nonche' in materia di tutela
della salute, attratte  alla  competenza  legislativa  concorrente  e
residuale delle Regioni. Per onere di brevita', si rimanda  dunque  a
tutte le considerazioni gia' esposte nel  I  motivo  di  ricorso,  le
quali confermano l'ammissibilita' della presente eccezione, in quanto
la normativa censurata determina, anche a fronte  delle  censure  qui
dedotte, una  lesione  delle  competenze  regionali  stabilite  dalla
Costituzione. 
    Stante quanto precede, la disciplina introdotta dall'art. 38,  in
particolare il comma 1 e 1-bis, del d.l. n. 133 del 2014,  convertito
con  modifiche  dalla  legge  n.  164/2014,  deve  essere  dichiarata
incostituzionale per violazione  dell'art.  117,  primo  comma  della
Costituzione, in relazione agli obblighi in materia  di  VAS  imposti
dalla Direttiva 2001/42/CE, in combinato  disposto  con  l'art.  117,
commi 2 e  3,  Cost.,  in  quanto  tale  violazione  ridonda  in  una
violazione riflessa delle competenze regionali. 
    In via  subordinata  si  chiede  che  sia  effettuato  un  rinvio
pregiudiziale, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul  Funzionamento
dell'Unione europea alla Corte di Giustizia dell'Unione  europea  per
la seguente questione di interpretazione della  direttiva  2001/42/CE
(c.d. Direttiva VAS): "se gli artt. 1, 3, 4, 8 e 9  Dir.  2001/42/CE,
anche in combinato disposto ostino  all'applicazione  di  una  norma,
quale quella prevista dall'art. 38 comma 1-bis  del  d.l.  convertito
con modifiche, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, recante  "Misure
urgenti per l'apertura dei cantieri,  la  realizzazione  delle  opere
pubbliche,  la  digitalizzazione  del   Paese,   la   semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle  attivita'  produttive  (Sblocca  Italia)",  pubblicata   nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'11  novembre  2014,
n. 262, la quale prevede che "il Ministro dello  sviluppo  economico,
con proprio decreto, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, predispone un piano delle aree in cui sono
consentite le attivita' di cui  al  comma  1"  senza  prevedere  che,
all'atto  della  predisposizione  di  tale  piano,  si  applichi   la
disciplina di valutazione ambientale strategica cosi'  come  prevista
dalla menzionata direttiva. 
III. Incostituzionalita' dell'art. 38, in particolare commi 1, 1-bis,
4, 7 e 10, della legge di conversione 11 novembre 2014,  n.  164  del
d.l. 12 settembre 2014, n. 133, per violazione dell'art. 117, commi 2
e 3, in combinato disposto con  l'articolo  118  della  Costituzione.
Violazione del principio di leale collaborazione. 
    1. Come e' noto,  la  disciplina  delle  risorse  energetiche  si
colloca non soltanto nell'ambito della produzione,  del  trasporto  e
distribuzione  nazionale  dell'energia,   materia   di   legislazione
concorrente tra Stato e regioni ai  sensi  dell'art.  117,  comma  3,
della Costituzione; ma interferisce anche, per  la  sua  natura,  con
interessi e competenze ulteriori quali la  tutela  della  salute,  la
ricerca scientifica e tecnologica e sostegno  all'innovazione  per  i
settori produttivi  e,  ancora,  il  governo  del  territorio,  anche
queste, materie di legislazione concorrente  ex  art.  117,  comma  2
della Costituzione. 
    L'art. 118 della Costituzione, d'altronde, sancisce il  principio
di  sussidiarieta'  attribuendo  all'organo  competente  del  livello
istituzionale   piu'   vicino   agli    interessati    le    funzioni
amministrative, stabilendo che si possano  assegnare  quest'ultime  a
livelli superiori solo in caso d'inadeguatezza di  quelli  inferiori.
Inoltre ogni intervento in tale materia deve rispettare,  secondo  la
consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale,  il  principio
di leale collaborazione. 
    2. Cio' posto, l'art. 38, del d.l. n.  133/2014,  convertito  con
modifiche dalla legge n. 164 del 2014, introduce misure in materia di
valorizzazione delle risorse energetiche nazionali,  che  coinvolgono
le competenze di diversi livelli di Governo. Vengono in  rilievo,  in
primo luogo, le competenze regionali e locali in materia  di  governo
del  territorio,  di  pianificazione  urbanistica  ed  edilizia,   di
produzione di energia,  di  gestione  dei  servizi  pubblici  locali,
nonche' di tutela della salute. 
    Tale intervento non rimane confinato alla determinazione  di  una
disciplina di principio, poiche' l'articolo 38, del d.l. 12 settembre
2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge  dell'11  novembre
2014, n. 164 non si limita a fissare una disciplina che possa  essere
considerata  di  "cornice"  rispetto  alle  norme  di  dettaglio   di
competenza  della  Regione.  Al  contrario,  l'art.  38  finisce  per
indicare cosi' nel dettaglio le misure per  la  valorizzazione  delle
risorse energetiche, che la Regione viene  estromessa  dalla  maggior
parte dei momenti decisionali, sia  quanto  alla  disciplina  che  ai
relativi procedimenti amministrativi. 
    Ad un attento esame dell'articolo 38, del d.l. n. 133  del  2014,
convertito con modifiche dalla legge n. 164/2014, la disposizione  si
pone pertanto in diretta violazione dei  principi  costituzionali  in
materia di riparto delle competenze sanciti dall'articolo 117,  commi
secondo e terzo, in combinato con l'art. 118 della Costituzione. 
    Inoltre, la disciplina contestata, pur  incidendo  su  competenze
regionali, tra cui il governo del territorio, non e' assistita  dalla
previsione di alcuna forma di collaborazione, soprattutto nella forma
di intesa  "forte"  (in  particolare:  il  comma  1-bis,  in  cui  si
disciplina la predisposizione di un piano  delle  aree  in  cui  sono
consentite  le  attivita'  di  cui  al  comma  1;  il  comma  4,  con
riferimento all'ipotesi di sostituzione e il  comma  7  che  riguarda
l'adozione del disciplinare tipo dell'art. 38, d.l. n. 133/2014).  Il
comma 10, art. 38, d.l. n. 133/2014, viceversa prevede il mero parere
delle Regioni  e  non  la  forma  dell'intesa  richiesta  secondo  la
giurisprudenza costante di  codesta  ecc.ma  Corte  per  giustificare
l'attrazione  in  capo  allo  Stato  di  funzioni  amministrative   e
legislative di dettaglio in materie di competenza concorrente. 
    Come dichiarato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n.  6/2004
(in conformita' con la  precedente  giurisprudenza  a  partire  dalla
sent. 303/2003) affinche' "una  legge  statale  possa  legittimamente
attribuire funzioni amministrative a livello  centrale  ed  al  tempo
stesso regolarne l'esercizio, e' necessario che  essa  innanzi  tutto
rispetti  i   principi   di   sussidiarieta',   differenziazione   ed
adeguatezza  nella   allocazione   delle   funzioni   amministrative,
rispondendo ad esigenze di esercizio unitario di  tali  funzioni.  E'
necessario, inoltre, che tale legge detti una disciplina  logicamente
pertinente, dunque inidonea alla regolazione delle suddette funzioni,
e che risulti limitata a quanto strettamente  indispensabile  a  tale
fine. Da ultimo, essa deve risultare adottata a seguito di  procedure
che assicurino la partecipazione dei  livelli  di  governo  coinvolti
attraverso  strumenti  di  leale  collaborazione  o,  comunque,  deve
prevedere  adeguati  meccanismi  di  cooperazione   per   l'esercizio
concreto delle funzioni amministrative allocate in capo  agli  organi
centrali". 
    Come  gia'  rilevato  si  potrebbe  sostenere  che   l'intervento
riguardi la materia della tutela dell'ambiente e per cio'  stesso  si
collochi al di fuori della competenza delle Regioni.  In  materia  di
tutela dell'ambiente pero' questa Corte ha riconosciuto che  "non  si
puo' discutere  di  materia  in  senso  tecnico,  perche'  la  tutela
ambientale e' da intendere come valore  costituzionalmente  protetto,
che in quanto tale delinea una sorta  di  «materia  trasversale»,  in
ordine alla quale si manifestano competenze diverse, anche regionali,
fermo restando che allo Stato spettano le determinazioni  rispondenti
ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero  territorio
nazionale"  (ex  multis:  sentenza  n.  171/2012,  n.  235/2011,   n.
225/2009, n. 12/2009). Ne consegue  che  il  legislatore  statale  e'
tenuto a garantire il principio di leale collaborazione, "che per  la
sua elasticita' consente di aver  riguardo  alle  peculiarita'  delle
singole situazioni" ed  impone  alla  legge  statale  di  predisporre
adeguati strumenti di coinvolgimento delle  Regioni,  a  salvaguardia
delle loro competenze (ex plurimis, sentenze n. 50/2005, n. 231/2005,
213/2006, n. 133/2006). 
    Nulla di tutto cio' e' stato previsto nel caso di specie. 
    3. In particolare, come si e' detto, il  comma  1-bis,  dell'art.
38, statuisce che con proprio decreto,  il  Ministro  dello  sviluppo
economico, sentito il  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare, predispone un piano delle  aree  in  cui  sono
consentite le attivita' di prospezione,  ricerca  e  coltivazione  di
idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale. 
    Come si  vede,  per  l'individuazione  delle  aree  in  cui  sono
consentite   le   suddette   attivita',   non   e'   previsto   alcun
coinvolgimento delle Regioni  e  degli  enti  locali,  ne'  in  forma
individuale, ne' attraverso il sistema delle conferenze,  sebbene  si
tratti  di  una  scelta  che  incide,  in  misura  rilevante,   sulle
competenze regionali in  materia  di  governo  del  territorio  e  di
pianificazione,  nonche'  su  quelle   in   materia   di   produzione
dell'energia e di tutela della salute. Codesta  Corte  ha  affermato,
con giurisprudenza costante (ex plurimis, sentenze n. 383  del  2005,
n.  6  del  2004  e  n.  165/2011)  che  affinche'  si  possa   avere
l'attrazione in sussidiarieta' di funzioni che, come in questo  caso,
sono relative a materie rientranti nella  competenza  concorrente  di
Stato e Regioni, "e' necessario  garantire  il  coinvolgimento  delle
Regioni interessate, il  raggiungimento  di  un'intesa,  in  modo  da
contemperare le ragioni dell'esercizio unitario di date competenze  e
la  garanzia  delle  funzioni  costituzionalmente   attribuite   alle
Regioni". 
    Pertanto, nell'ambito delle materie di legislazione  concorrente,
affinche'  la  disciplina  non  contrasti   con   il   principio   di
sussidiarieta', come delineato anche dalla sentenza n.  303/2003,  e'
necessario il coinvolgimento  nel  procedimento  delle  Regioni;  e',
cioe',  richiesta  una  forma  di  collaborazione  che  si   realizza
attraverso forme di intesa forte tra Stato e  Regione.  Nel  caso  in
esame,  al  contrario,  il  comma  1-bis,   dell'art.   38,   esclude
completamente la Regione interessata dall'opportunita' di  esprimersi
in materia di determinazione delle aree in  cui  sono  consentite  le
attivita' suddette, disattendendo la lettura  procedimentale  operata
da questa Corte del principio di  sussidiarieta',  che  subordina  lo
spostamento   verso   l'alto   delle   funzioni   amministrative   al
coinvolgimento nel procedimento delle Regioni. 
    L'art.  38,  non  prevedendo,  contrariamente  a  quanto  sancito
dall'art. 117, commi 2 e  3,  in  combinato  con  l'art.  118,  della
Costituzione, alcuna forma cooperativa, viola cosi' il  principio  di
leale collaborazione. 
    4. Inoltre, il comma  4  dell'art.  38,  prevede  lo  spostamento
"verso l'alto" dei procedimenti di valutazione di impatto  ambientale
in corso presso le Regioni alla data di entrata in vigore del d.l. n.
133/2014, convertito con legge n. 164/2014, qualora questi non  siano
conclusi entro il 31 marzo 2015. 
    Quest'attrazione "verso l'alto" che si atteggia a vero e  proprio
intervento sostitutivo (al di fuori della cornice di cui all'art. 120
Cost. su cui si veda, infra, il punto V), non e' preceduta da  alcuna
forma di intesa con la Regione interessata,  non  potendosi  comunque
giustificare tale omissione per il solo  fatto  che  sia  inutilmente
trascorso il termine imposto alle Regioni. Sebbene sia individuato un
termine entro il quale concludere i suddetti procedimenti,  cio'  non
toglie che sarebbe comunque necessario un passaggio collaborativo per
il conseguimento legittimo del risultato previsto. 
    Inoltre, sempre il comma 4, art. 38, della  Costituzione  prevede
che gli oneri di spesa istruttori conseguenti ai  procedimenti  siano
versati   all'entrata   del   bilancio   dello   Stato   per   essere
successivamente riassegnati al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare. 
    Tale  disposizione,  in  quanto  logicamente  connessa   con   la
immediatamente precedente disposizione  incostituzionale,  assegnando
automaticamente allo Stato gli oneri di spesa istruttori si  appalesa
anch'essa   conseguentemente   affetta   dal   medesimo   vizio    di
illegittimita'. 
    5. Ma la violazione dei principi di  sussidiarieta'  e  di  leale
collaborazione di cui l'articolo 118 Cost. riguarda  anche  ulteriori
norme dell'articolo 38. 
    Il comma 7, dell'art. 38,  prevede  che  con  disciplinare  tipo,
adottato con decreto del Ministero dello sviluppo economico, senza la
collaborazione  della  Regione  interessata,  siano  stabilite  entro
centottanta giorni dall'entrata in vigore della legge n. 164/2014, le
modalita' di conferimento del titolo concessorio unico e le modalita'
di esercizio delle attivita' di prospezione, ricerca  e  coltivazione
di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo  di  gas  naturale.
Tale norma elude,  ancora  una  volta,  la  necessita'  di  un'intesa
nell'individuazione delle  modalita'  di  esercizio  delle  attivita'
suddette rientranti nella sfera di competenza concorrente, ledendo il
principio di leale collaborazione con riferimento all'art 117,  commi
2 e 3 Cost., in combinato disposto con l'art. 118 Cost. 
    Il comma 10, viceversa, prevede  il  mero  parere  delle  Regioni
interessate. 
    Anche questo comma dell'art.  38,  esclude  la  necessita'  della
forma d'intesa richiesta, secondo giurisprudenza costante  di  questa
ecc.ma Corte, per consentire  l'attrazione  in  capo  allo  Stato  di
funzioni amministrative e legislative  di  dettaglio  in  materie  di
competenza concorrente, cioe' una forma d'intesa "forte", che non  si
riduca a un mero parere espresso dalla Regione. 
    7. L'art. 38, del d.l. n. 133 del 2014, merita pertanto di essere
dichiarato incostituzionale dal  momento  che,  preme  ribadirlo  una
volta in piu', determina un'erosione delle competenze regionali senza
che tale lesione sia compensata dal rispetto del principio  di  leale
collaborazione in materia di governo del territorio e di  produzione,
trasporto e distribuzione dell'energia. Alla luce di quanto  precede,
si  insiste,  dunque,   per   la   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 38, del d.l. n. 133 del 2014, sotto tutti  i
profili innanzi esposti. 
IV. Incostituzionalita' dell'art. 38, del decreto-legge 12  settembre
2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge  dell'11  novembre
2014, n. 164, per violazione degli artt. 117, commi 2 e 3, 118 e 119,
in combinato disposto con l'art. 3 della Costituzione. 
    1. Come si e' argomentato ampiamente  nei  precedenti  motivi  di
ricorso, le norme introdotte dall'art.  38,  del  d.l.  n.  133/2014,
incidono su  sfere  di  competenza  della  Regione.  Le  disposizioni
riguardanti tali sfere e ambiti di competenza  che  sono  lesi  sotto
tutti i profili sopra  evidenziati,  risultano  incostituzionali  con
riguardo alla disciplina della destinazione allo Stato degli oneri di
spesa istruttori a carico delle societa', in violazione  dei  criteri
di sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e ragionevolezza. 
    2. Sotto il primo profilo, il comma 4, dell'art. 38, prevede  che
gli  oneri  di  spesa  istruttori  conseguenti  ai  procedimenti   di
valutazione di  impatto  ambientale  siano  versati  all'entrata  del
bilancio  dello  Stato  per  essere  successivamente  riassegnati  al
Ministero dell'ambiente e della tutela del  territorio  e  del  mare.
Questi oneri, che rimangono a carico delle societa',  si  riferiscono
ai procedimenti di valutazione di impatto ambientale in corso  presso
le Regioni e il cui procedimento, decorso il termine  fissato  al  31
marzo 2005 senza che questo  venga  concluso,  viene  trasferito  dal
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. 
    In tal modo,  essendo  infondata  e  illegittima  la  pretesa  di
assegnare allo  Stato  i  procedimenti  de  quibis  ne  discende  che
l'attribuzione degli oneri di spesa ad esso ridondino in una  lesione
dell'autonomia finanziaria e delle  Regioni  tutelate  dall'art.  119
Cost. 
    E' evidente che per l'esercizio delle proprie competenze e per la
realizzazione delle proprie politiche  riguardanti  la  gestione  del
territorio, la produzione, il trasporto e distribuzione  dell'energia
e la tutela della  salute,  le  Regioni,  come  tutti  gli  enti  che
svolgono  funzioni  pubbliche,  necessitano  di  risorse  economiche.
Infatti, a seconda delle risorse su  cui  puo'  contare  la  Regione,
questa aumentera' o ridurra' gli standard qualitativi dei servizi che
eroga. Nel caso di specie,  come  gia'  diffusamente  illustrato,  la
disciplina dell'articolo 38 attiene a una pluralita'  di  materie  di
legislazione concorrente che per  essere  adeguatamente  disciplinate
necessitano del rispetto e della garanzia dell'autonomia finanziaria. 
    A tal proposito, non puo' non cogliersi  l'assoluta  mancanza  di
qualunque previsione di intesa tra Governo  e  Regione.  Il  comma  4
dell'art. 38, infatti, sancisce che gli  oneri  di  spesa  istruttori
siano successivamente riassegnati al Ministero dell'ambiente e  della
tutela  del  territorio  e  del  mare,  escludendo  ogni   forma   di
collaborazione nonostante spetti alle Regioni la potesta' legislativa
in materia. 
    Stante  quanto  precede,  si  insiste  per  la  declaratoria   di
illegittimita' costituzionale dell'art. 38, del d.l. n. 133 del 2014,
anche sotto i profili appena esposti. 
V. Incostituzionalita' dell'art. 38, del decreto-legge  12  settembre
2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge  dell'11  novembre
2014, n. 164, per violazione dell'art. 120 della Costituzione. 
    1. Le norme  introdotte  dall'art.  38,  del  d.l.  n.  133/2014,
incidendo su sfere di competenza della  Regione,  e  coinvolgendo,  a
vario titolo, le competenze amministrative delle autorita' competenti
al  rilascio  delle  Autorizzazioni  integrate  ambientali   e   alla
conduzione  delle  procedure  di  VIA,   devono   essere   dichiarate
incostituzionali per violazione  dei  principi  che  presiedono  alla
disciplina sul potere sostitutivo, sotto un duplice  profilo:  quello
relativo alla mancanza dei presupposti e quello procedimentale. 
    Sotto il profilo della mancanza dei  presupposti,  l'articolo  38
del d.l.  n.  133/2014,  convertito  con  modifiche  dalla  legge  n.
164/2014, comma  4,  disciplina  la  sostituzione  del  Governo  alla
Regione  competente  nei  procedimenti  di  valutazione  di   impatto
ambientale, scaduto il termine per concludere i procedimenti in corso
alla data di entrata in vigore del decreto convertito  con  legge  n.
164/2014.  Tale  previsione  viola  l'art.  120  della   Costituzione
disciplinando una sostituzione che non e' legittimata  dai  requisiti
costituzionalmente previsti, quali il mancato rispetto  di  norme  di
trattati internazionali o  della  normativa  comunitaria,  ovvero  la
tutela dell'unita' giuridica o economica  e  la  tutela  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e  sociali.
In assenza di uno o  piu'  dei  requisiti  essenziali  la  norma  che
prevede la sostituzione deve essere dichiarata illegittima. 
    Si ritiene,  infatti,  che  l'art.  38,  comma  4,  debba  essere
dichiarato incostituzionale in violazione  dell'art.  120,  comma  2,
della Costituzione, il quale nell'attribuire i poteri sostitutivi  al
Governo, impone alla legislazione attuativa di assicurare il rispetto
del  principio  di  leale  collaborazione  unitamente  a  quello   di
sussidiarieta'. Il primo, com'e' noto, richiede il coinvolgimento dei
destinatari del provvedimento sostitutivo, cioe' la Regione,  durante
il processo di sostituzione, previsione che il comma 4  dell'art.  38
disattende; il principio di sussidiarieta'  invece,  ammette  che  la
sostituzione  avvenga  nei  limiti  in   cui   risulti   strettamente
necessaria  a  garantire  le  esigenze  in  ragione  delle  quali  e'
costituzionalmente ammessa. 
    Alla disciplina sui poteri sostitutivi del Governo sono, infatti,
ispirate le regole procedimentali adottate dal legislatore  ordinario
nell'art. 8 della legge n. 131 del 2003, che  prevedono,  oltre  alla
fissazione  di  un  congruo  termine  per   provvedere,   l'audizione
dell'organo  inadempiente  in  attuazione  del  principio  di   leale
collaborazione. A cio' si aggiunga che la legge n.  131/2003  prevede
anche la riunione del Consiglio dei ministri con il Presidente  della
Giunta regionale interessata in caso di inutile decorso  del  termine
fissato,  previsione  che  avvalora  ulteriormente  la   tesi   della
necessita' di un procedimento di cooperazione  tra  Stato  e  Regione
interessata  che,  seppur  e'  alla  base  del  principio  di   leale
collaborazione, nell'art. 38, comma 4, viene completamente disatteso. 
    2. A cio' si aggiunga che, come affermato da codesta ecc.ma Corte
nella sentenza 165/2011, "l'esercizio  del  potere  sostitutivo  deve
compiersi - sempre secondo l'art. 120 Cost. - in base alle  procedure
stabilite dalla legge a garanzia dei principi di sussidiarieta' e  di
leale collaborazione". In attuazione dell'art. 120  Cost.,  l'art.  8
della legge n. 131 del 2003 prevede che il Presidente  del  Consiglio
dei ministri assegni all'ente  interessato  un  congruo  termine  per
adottare  i  provvedimenti  dovuti  o  necessari   e   che,   decorso
inutilmente detto termine, sentito l'organo interessato, il Consiglio
dei ministri assuma i provvedimenti necessari o  nomini  un  apposito
commissario. Il comma 4,  dell'articolo  38,  fissa  un  termine  per
concludere i procedimenti di VIA al 31  marzo  2015  ma  in  caso  di
mancato rispetto del predetto termine, non prevede  alcuna  forma  di
collaborazione con la Regione interessata e prevede  direttamente  la
trasmissione della relativa documentazione al Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare per i seguiti istruttori  di
competenza. 
    Ebbene, questa Corte ha chiarito in diverse  occasioni  che  deve
ricomprendersi in quanto previsto dall'art.  118  Cost.  -  il  quale
attribuisce in via di principio ai Comuni, in tutte  le  materie,  le
funzioni amministrative, ma riserva la  possibilita'  che  esse,  per
assicurarne l'esercizio unitario, siano  conferite,  sulla  base  dei
principi  di  sussidiarieta',  differenziazione  ed  adeguatezza,  ai
livelli territoriali di governo di dimensioni piu' ampie -  anche  la
previsione di "eccezionali sostituzioni di un livello ad un altro  di
governo per il compimento di specifici atti o attivita',  considerati
dalla legge necessari per il perseguimento  degli  interessi  unitari
coinvolti,  e  non  compiuti  tempestivamente  dall'ente  competente"
(sentenza n. 43 del 2004). In  questa  prospettiva,  si  e'  tuttavia
precisato che non puo' farsi discendere dall'art. 120, secondo comma,
Cost. una riserva a favore della legge statale di ogni disciplina del
potere sostitutivo, dovendosi viceversa  riconoscere  che  "la  legge
regionale, intervenendo  in  materie  di  propria  competenza  e  nel
disciplinare, ai  sensi  dell'art.  117,  terzo  e  quarto  comma,  e
dell'art. 118, primo e secondo comma, Cost., l'esercizio di  funzioni
amministrative  di  competenza  dei  Comuni,  preveda  anche   poteri
sostitutivi in capo ad organi regionali, per il compimento di atti  o
attivita' obbligatorie, nel caso di inerzia  o  di  inadempimento  da
parte  dell'ente  competente,  al  fine  di  salvaguardare  interessi
unitari che sarebbero compromessi dall'inerzia  o  dall'inadempimento
medesimi" (sentenza n. 43 del 2004). 
    Pertanto, con riferimento al profilo soggettivo, l'art. 38, comma
4  viola  la  disciplina  sui   poteri   sostitutivi   non   soltanto
disciplinando la  sostituzione  dello  Stato  alle  Regioni  dopo  la
scadenza del termine senza prevedere alcuna forma di  collaborazione,
ma anche  violando  la  disciplina  attraverso  la  previsione  della
sostituzione   dello   Stato   agli   enti   locali,    estromettendo
completamente la Regione dai procedimenti di VIA in corso  alla  data
di entrata in vigore del decreto in questione. 
    Alla  luce  di  quanto  precede,  si  insiste,  dunque,  per   la
declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 38, del  d.l.
n. 133 del 2014, per violazione dell'art. 120 della Costituzione.